Ogni giorno siamo bombardati da informazioni di questo tipo e oggi grazie alla collaborazione di
KIT – Knowledge Improving Tools e il Blog unaricercadiceche cercheremo di capire qualcosa riguardo il nostro microbiota.
L’organismo umano fin dalla nascita è abitato da una vasta gamma di microrganismi che vivono e colonizzano le superfici corporee esposte e le mucose comunicanti con l’esterno. La totalità di questi microrganismi batteri, funghi, archeobatteri, protozoi e virus, è detta microbiota.
L’associazione tra microbiota e ospite umano è di tipo simbiotico, ovvero una coesistenza frutto di numerosi processi avvenuti nel corso dell’evoluzione, che hanno favorito il generarsi di una condizione di reciproco vantaggio e quindi favorevole sia per i batteri sia per noi. Il lavoro del microbiota è sinergico con quello dell’organismo ospite, e ciò aiuta a fronteggiare cambiamenti ambientali, variazioni nutrizionali e attacchi di agenti biologici o chimici potenzialmente lesivi.
L’integrazione funzionale tra noi e il nostro microbiota forma un superorganismo, nel quale però siamo noi in minoranza per numero di cellule. Infatti, basta pensare alle 1013 (10.000 miliardi) cellule umane a fronte di 1014 cellule microbiche. Quindi stiamo parlando di un rapporto 1:10. Il peso stesso dei batteri è notevole. Secondo quanto stimato, in una persona di 70 chili, il loro peso equivarrebbe a circa 1 chilo e mezzo!
Perciò, la prossima volta che salirete sulla bilancia dopo una abbuffata e vi sentirete ingrassati, potrete scaricare la colpa sul microbiota.
In passato il microbiota veniva chiamato con il termine più generico di “flora batterica”, da cui poi deriva “flora intestinale”, perché in tempi remoti i batteri erano ancora poco conosciuti e venivano considerati alla stregua di piante. Flora infatti deriva dal nome della dea romana della fioritura delle coltivazioni agricole.
Oggi non solo si è abbandonato il termine flora, ma si distingue anche tra “microbiota” inteso come l’insieme dei microbi che convive nel nostro corpo ed il loro genoma, definito quindi “microbioma”.
Il microbiota riveste tutte le superfici corporee a contatto con l’esterno come la cute, l’apparato respiratorio, il tratto urogenitale, gli occhi e le orecchie, ma soprattutto il tubo digerente (da bocca ad ano) dove il microbiota svolge le funzioni principali.
La composizione di base del microbiota di ciascuno di noi si forma nei primi 3-4 anni di vita e tale rimarrà a meno di grossi sconvolgimenti fisiologici. Per favorire la creazione di un buon microbiota nei neonati risulta importante farli nascere con parto naturale ed allattarli al seno. L’intestino del feto, sterile fino alla nascita, potrà così essere colonizzato dai batteri presenti nel canale vaginale in caso di parto naturale. In caso di parto cesareo invece, l’impatto con i batteri ambientali risulterà più duro. L’allattamento al seno dal canto suo fornisce i nutrienti più adatti non solo alla crescita dell’organismo del neonato, ma anche alla selezione del microbiota migliore per il suo intestino. I tempi dello svezzamento infatti sono indicati dai medici per permettere alla barriera intestinale di maturare a sufficienza prima di venire a contatto con proteine o altre sostanze potenzialmente allergizzanti.
Se il “nucleo” del microbiota non si modifica per tutta la vita, la gran parte della sua composizione è invece destinata a mutare in funzione dei diversi fattori ambientali come lo stile di vita, l’uso di farmaci e disinfettanti e ovviamente l’alimentazione.
Ma chi sono questi nostri compagni di viaggio?
Quello in cui viviamo è un mondo complesso, in cui sono presenti potenziali pericoli per la salute come virus, batteri, miceti, archeobatteri, e protozoi. Grazie a numerose ricerche però abbiamo negli anni imparato che a giocare il ruolo decisivo sono proprio i batteri. Le nuove tecnologie non solo hanno evidenziato la complessità dell’ecosistema del microbiota, ma hanno permesso anche di identificare oltre 2000 specie, classificate in 12 diversi phyla (plurale di phylum). Di queste specie, circa il 93.5% appartengono a soli quattro gruppi che prevalgono su tutti. I Bacteroidetes e i Firmicutes, che costituiscono circa l’80% del totale e dei quali fanno parte i famosi Lactobacilli, si sono conservati nel corso di tutta l’evoluzione umana. Sono seguiti dagli Actinobatteri, a cui appartengono anche tutti i ceppi di Bifidobatteri e dai meno numerosi Proteobatteri, a cui appartengono i diversi ceppi di Escherichia coli.
Chiudono l’elenco gli eucarioti come Candida e Saccoromiceti, gli archeobatteri e i virus, composti soprattutto da batteriofagi che sfruttano i batteri per replicarsi.
Cosa fa un microbiota sano?
Lo stato del microbiota è in grado di condizionare, sia in meglio sia in peggio, la salute di tutto l’organismo. Vale a dire che influisce sul funzionamento dell’apparato gastrointestinale, ma anche di quello cardiocircolatorio e respiratorio, del sistema immunitario e dell’equilibrio metabolico.
Un microbiota ben diversificato e abbondante esalta la protezione meccanica della parete intestinale, collaborando a mantenere intatta questa barriera; compete con i batteri patogeni e ne impedisce l’insediamento, fungendo perciò da “antibiotico naturale” messo in campo dall’organismo stesso. Questo ha una differenza fondamentale rispetto ai farmaci: il sistema immunitario gastrointestinale, infatti, identifica ed elimina soltanto i microrganismi patogeni e le tossine, senza distruggere i batteri benefici abitualmente residenti. Il microbiota infatti, con la sua sola presenza, stimola continuamente il sistema immunitario localizzato lungo tutto il tratto gastrointestinale. Questo è ricchissimo di cellule deputate alle difese dell’organismo (linfociti, macrofagi, cellule dendritiche e così via), e viene mantenuto così in piena efficienza e pronto a reagire ad aggressioni esterne anche quando sono dirette ad altri apparati, come quello respiratorio o cutaneo ad esempio.
Infine, il microbiota è responsabile anche della degradazione dei farmaci, e quindi governa gran parte della risposta individuale alle terapie. Motivo per cui, quando si somministrano antibiotici o farmaci che possono danneggiare la “flora intestinale”, è importante prevenire il danno utilizzando un agente protettivo o, se troppo tardi, ripristinare al più presto il microbiota, assumendo degli integratori specifici.
I batteri intestinali svolgono anche funzioni nutrizionali importanti, permettendo ad esempio la sintesi della vitamina K, la vitamina B12 ed i folati.
Inoltre, alcune sostanze prodotte dal metabolismo batterico possono addirittura rientrare nel metabolismo dell’ospite. E’ il caso degli acidi grassi a catena corta come l’acido butirrico, prodotto a partire da fibre e carboidrati non digeriti che giungono nel colon. Questa sostanza diventa il principale nutrimento delle cellule della mucosa in questa parte dell’intestino.
Pensate che esistono anche dei batteri CSI, che collaborano con la scientifica?
Uno dei vantaggi più recenti ottenuti dall’utilizzo delle conoscenze relative al microbiota, in questo caso microbiota cutaneo, riguarda la medicina legale. Tenuto conto del fatto che le comunità batteriche cutanee sono specifiche di ogni persona, ovvero due individui ne possono condividere non più del 13%, si è pensato di utilizzare le tracce batteriche lasciate sugli oggetti, per identificare chi li ha toccati. Questo è possibile semplicemente confrontando i due “profili batterici”, quello dell’oggetto e quello dell’imputato. Questo metodo è estremamente vantaggioso tenendo anche conto del fatto che le tracce delle popolazioni batteriche possono essere rilevate anche su oggetti dove le comuni impronte digitali non permangono (come stoffa e superfici porose) e che, a temperatura ambiente, si mantengono stabili fino a 2 settimane dopo il contatto.
E’ importante fare attenzione a cosa mangiamo per favorire l’azione del microbiota?
Ovviamente si! Toh guarda che strano… L’alimentazione che difende il microbiota è un’alimentazione diversificata ed equilibrata, così da garantire un microbiota sano, abbondante, in cui è favorita la biodiversità. Anche su questo versante, gli studi pubblicati finora suggeriscono di seguire i principi della dieta mediterranea, come quelli più idonei a selezionare batteri utili per la salute. Nella lista dei cibi alleati dell’affollatissimo intestino e dei suoi microscopici inquilini ci sono l’olio d’oliva, il pesce grasso e altre fonti di omega 3 come le alghe, la frutta con molte fibre e la verdura, le erbe e le spezie a cominciare dalla curcuma, il cacao e con moderazione anche vino (meglio se rosso), uova, formaggi e carne.
E’ bene inoltre sforzarsi di introdurre nella dieta quegli alimenti detti prebiotici (non pro-biotici, sono due cose diverse), ovvero sostanze di origine alimentare non digeribili dall’uomo, che possono invece essere utilizzate come nutrimento dalla flora intestinale e che promuovono selettivamente la crescita e l’attività di batteri del microbiota del tratto intestinale. Tra i cibi ricchi in prebiotici ci sono cipolle, aglio, cicoria, porri, topinambur, tarassaco, cereali, semi e legumi, asparagi, banane e miele.
Infine, i probiotici, ovvero microrganismi (soprattutto batteri) viventi, contenuti in determinati alimenti in numero sufficiente per esercitare un effetto positivo sulla nostra salute rafforzando l’ecosistema intestinale. Questi volendo si possono trovare in formulazioni farmaceutiche, ma si possono anche assumere mangiando yogurt o kefir (una bevanda ricca di fermenti lattici ottenuta dalla fermentazione del latte), crauti e aceto di mele.
Quali cibi in particolare possono minare l’equilibrio del microbiota?
Sarebbe il caso di evitare le diete iperproteiche o ricche di zuccheri semplici e cereali raffinati, come anche le diete ricche in grassi saturi animali e povere di fibre. Anche lo stress e le terapie antibiotiche e farmacologiche prolungate danneggiano la flora intestinale. Viceversa è stata evidenziata l’importanza di fare attività fisica costante, dormire bene e a sufficienza e stare all’aperto. Qualche altro consiglio lo trovate qui.
Consapevoli quindi di non essere mai soli, l’innovazione sta nel riconoscere che la scelta di ciò che mangiamo e di come viviamo, non soltanto determina lo stato di salute del nostro organismo, ma deve anche essere vista come un’opportunità per modulare “quell’organismo nell’organismo” rappresentato dal microbiota. La corretta modulazione di quest’ultimo infatti, condiziona in modo preponderante lo stato di salute e di malattia di tutti gli organi ed apparati del nostro corpo.
I tuoi simbionti ti saranno riconoscenti per queste piccole accortezze.