CRONO-NUTRIZIONE, non quanto ma quando!
Esiste una corrente di pensiero nella scienza dell’alimentazione detta crono-nutrizione, che valuta l’impatto dei nutrienti sulla salute, considerando non solo la qualità e la quantità del cibo, ma anche e soprattutto quando questo viene consumato, basandosi sul principio che uno stesso alimento possa produrre effetti differenti in funzione del momento in cui viene ingerito.
La scelta dei cibi sarebbe quindi condizionata dalle variazioni ormonali giornaliere e dalla produzione differenziata di diversi ormoni, quali insulina, glucagone, leptina, grelina, cortisolo e Gh (ormone della crescita), coinvolti non solo nella digestione, ma in tutti i processi metabolici.
La colazione è importante…dicono, ma perché?
Quando suona la sveglia al mattino, si ha un picco di secrezione dell’ormone adenocorticotropo (ACTH) e di cortisolo, ormone che, oltre a quello che abbiamo già accennato sopra, attiva la gluconeogenesi, un processo che ricava glucosio dalle proteine. L’ipoglicemia al risveglio causa una riduzione del peso corporeo, soprattutto a discapito della massa magra, poiché sono le proteine muscolari il substrato di elezione della gluconeogenesi.
Non fare colazione causa una situazione di stress e carenza di nutrienti che induce l’aumento della secrezione di cortisolo e la diminuzione dei livelli di leptina. Il tutto si traduce in una variazione del normale ritmo dei sistemi neuroendocrini, una ridotta secrezione degli ormoni tiroidei, e quindi una diminuzione del metabolismo, oltre che la perdita della massa magra ed un prolungato nervosismo. Per evitarlo sono ottimi i carboidrati complessi e le fibre con una piccola quota di grassi, meno consigliate le proteine.
Per quanto riguarda il caffè, contrariamente a quanto siamo soliti credere, non ne avremmo bisogno appena svegli, quando ad aiutarci abbiamo il picco di cortisolo. Il mix di cortisolo e caffeina avrebbe come conseguenza quella di aumentare la nostra soglia di tolleranza e di rendere vano l’effetto del caffè. Tutto cambia a metà mattinata e a metà pomeriggio, quando i livelli di cortisolo sono più bassi e possiamo, dunque, concederci senza problemi una tazzina, godendo degli effetti della caffeina.
E durante i pasti che succede?
Come abbiamo già detto con lo stomaco vuoto il cervello segnala, attraverso la grelina, che bisogna mangiare.
La vera protagonista del pasto è però l’insulina. I suoi valori aumentano sensibilmente quando si mangia, per poi ritornare ai livelli basali nelle due ore successive. Il picco raggiunto è tanto più consistente quanto maggiore è la quantità degli zuccheri introdotti, ma conta anche la loro tipologia. Il picco insulinemico raggiunto dopo un pasto completo (carboidrati, proteine e grassi) risulta inferiore a quello registrato dopo il consumo di un’analoga quantità di carboidrati da soli.
A fine pasto entrano in gioco leptina e colicistochinina, che segnalano la sazietà e danno il segnale di smettere di assumere cibo. Ricordiamo che la colecistochinina rallenta lo svuotamento gastrico, permettendo all’intestino tenue di digerire meglio e con più calma i grassi e le proteine. Occhio, perché questo ormone viene secreto quando si mangiano proteine e grassi. Per questo motivo si consiglia sempre di non eccedere con gli zuccheri, ma di assumere assieme anche una buona quantità di proteine e grassi, per dare modo alla colecistochinina di essere prodotta e di agire bloccando il senso di fame.
Durante il periodo di digiuno tra un pasto e un’altro il glucagone, l’antagonista dell’insulina, mantiene stabili i livelli di glucosio nel sangue, attivando la degradazione del glicogeno (glicogenolisi) dal fegato e un conseguente rilascio di glucosio nel sangue.
La sera meglio restare leggeri
La sera si registra un aumento dell’ormone della crescita (GH) e della somatostatina che stimolano la formazione del tessuto muscolare e, in generale, la rigenerazione dei tessuti, favorendo l’aumento della massa magra. E’ bene quindi, anche a cena, consumare sempre una quota proteica. Ricordiamo che la tolleranza e sensibilità glucidica nell’organismo diminuiscono fisiologicamente nell’ultima parte della giornata, a causa di una diminuzione della sensibilità dei recettori insulinici e dell’insulinemia notturna, quindi bando a dolci e zuccheri semplici, è bene accompagnare il pasto con carboidrati complessi (come cerali in chicco), che comportano invece variazioni importanti e positive nelle curve ormonali. Al contrario consumare un pasto abbondante, soprattutto in grassi, alla sera promuove la produzione di cortisolo e GH, che innalzano la concentrazione di zuccheri nel sangue, abbiamo quindi un maggiore accumulo di zuccheri sotto forma di acidi grassi con risvolti negativi come aumento di peso e di circonferenza addominale.
La cronobiologia e’ tutta qui?
Lo studio e la consapevolezza di come cambia fisiologicamente la composizione del nostro sangue nelle ventiquattro ore e di conseguenza l’attività degli organi interni, ci aiuta sul piano personale a poter comprendere l’importanza di riuscire a sintonizzare il ritmo della nostra giornata con quello del nostro orologio interno.
Tuttavia queste osservazioni sono solo un piccolo tassello, per certi versi fine a sé stesso, della reale utilità della cronobiologia. Dal punto di vista della ricerca infatti, in questo campo l’interesse negli ultimi anni si è spostato soprattutto sulla prevenzione. Ad esempio risulta utile capire, statisticamente parlando, a che ora avvengono più infarti, oppure in quale momento della giornata le cellule cancerogene si dividono maggiormente. Queste e tante altre informazioni potrebbero aiutare a sviluppare protocolli terapeutici per curare diversi tipi di malattie intervenendo al momento giusto, in modo da incrementare l’efficacia della cura e ridurre gli effetti collaterali, sfruttando proprio la sinergia tra corpo e ritmo biologico.